10 passi per Creare il Personaggio Perfetto

Photo by Hugo Ceneviva

Che cosa significa creare un personaggio “Perfetto”?
Come si costruisce qualcuno di indimenticabile?
Come facciamo a rendere il lettore in sintonia con il nostro personaggio?

Queste sono solo alcune delle domande che arrivano ad assillare un autore nella creazione dei suoi personaggi, e sono sicura che ad un certo punto tocchino chiunque.
Per il confronto prima di tutto, perché il secondo tarlo preferito di uno scrittore è il confronto con chi crediamo sia meglio di noi (il primo è l’autocritica spietata del nostro lavoro), e poi perché siamo sempre perennemente insoddisfatti.

Cercherò allora di rispondere con voi a queste domande nel modo più chiaro possibile, così come ho imparato a fare io stessa e come ho capito essere il mio metodo.

Ho sottolineato anche qui, che uno degli errori più comuni dello scrittore esordiente è avere un’ottima idea, un intreccio invidiabile, ma non soffermarsi abbastanza sui propri personaggi, lasciandoli ad una costruzione blanda e “automatica”.

Questo nasce da un pensiero comune: “se io creo un certo mondo, con certe regole, allora i miei personaggi vi si muoveranno in modo autonomo e naturale”

Nì.
Photo by Pixabay on

Costruire il mondo in cui è ambientata la nostra storia è importantissimo, perché è l’ambiente in cui i nostri personaggi si muovono, l’insieme di regole che seguono e a cui devono sottostare, ma i personaggi in sé costituiscono la seconda metà che compone il nostro mondo.

Sarebbe assurdo parlare del pianeta Terra senza immaginarvi le persone, giusto?

Una Storia funziona allo stesso modo.
I nostri personaggi devono avere lo stesso peso di lavoro del resto della trama, dobbiamo conoscerli quanto il mondo che abbiamo creato, dobbiamo essere i loro migliori amici e i loro parenti più prossimi!

Ma andiamo più nel dettaglio, di cosa abbiamo bisogno esattamente?
Cosa dobbiamo domandarci in fase di costruzione?

Ecco qui 10 consigli per non fallire mai!

Photo by Anna Tarazevich

I personaggi devono essere Reali.

Quando uso la parola “Reale” la intendo nel suo senso di tangibile e percettibile, un personaggio è reale quando si conforma alla realtà.
Ma cos’è la realtà in una Storia? Soprattutto se inventata?

La realtà è ciò che decidiamo esserlo.

È questo il grande potere della narrazione, la capacità di creare e rendere reale anche ciò che non lo è.

Si pensi al genere che dell’irreale si fa baluardo, come può essere il Fantasy: i personaggi creati sono maghi, streghe, elfi, nani, orchi… creature che non esistono se non nella nostra immaginazione, ma non per questo non sono Reali, perché lo sono all’interno del loro mondo.

Per essere Reali i nostri personaggi devono sottostare alla realtà che abbiamo creato all’interno della nostra Storia.
Se nel nostro mondo la morte è un passaggio intermedio d’esistenza perché tutti sanno cosa c’è dopo di essa, non troverermo strano creare un personaggio che non vede l’ora di morire, e il lettore non lo percepirà come estraneo, perché all’interno del nostro sistema di regole, pur se inventato, quel personaggio vi si conforma perfettamente.

In teatro questa si chiama Sospensione d’Incredulità: vediamo Aldo, Giovanni e Giacomo seduti su tre sedie e siamo del tutto portati ad immaginarli all’interno dell’abitacolo di un’automobile.

I personaggi devono essere Verosimili

Verosimili è qualcosa di completamente diverso da Reale!

Nella creazione del nostro mondo, e quindi dei nostri personaggi, dobbiamo tener conto che più ci allontaniamo dalla nostra realtà, più sarà difficile per il lettore creare quella connessione necessaria che è alla base stessa della scrittura, così come di qualsiasi altra forma di comunicazione.

Il lettore si sentirà distaccato da ciò che legge, perciò empatizzerà meno e di conseguenza vedrà il testo come qualcosa di estraneo, cosa che può portare finanche alla repulsione vera e propria.

Come è più difficile parlare con qualcuno che non condivide una lingua con noi, i personaggi che creiamo saranno tanto più vicini ai lettori, tanto più saranno verosimili.

Cosa significa allora Verosimile?

È un gioco di pesi e misure a cui lo scrittore deve imparare ad eccellere.
Prendiamo un personaggio ben conosciuto come può essere il Tenente Comandante Spock: è un alieno, il suo stesso aspetto lo denota, il suo modo di parlare, e sopratutto la sua interpretazione delle emozioni.

Lasciando da parte il suo sviluppo come personaggio, è un eccellente lavoro di creazione perché ha in sé diverse contraddizioni umane, ma con il giusto pizzico di umanità necessario a non tenerlo a completa distanza dal lettore.

Il suo aspetto stesso, nonostante le orecchia a punta e le proverbiali sopracciglia, non è completamente avulso dalla nostra esperienza umana. Ha due gambe, ha dieci dita, il suo modo di rapportarsi con il mondo esterno è basato sui cinque sensi (oltre alle capacità mentali e psioniche), il suo modo di parlare ci appare freddo ma recepisce le emozioni, noi riusciamo a comprenderle anche dal fatto che lui se ne sente privato.
Questa è verosomiglianza al suo apice: il lettore si sente estraneo, il personaggio è qualcosa di completamente diverso da lui/lei, ma riesce a comprenderlo e ad empatizzare con esso non solo tramite le somiglianze (fondamentali) ma anche tramite le differenze, che sono qui vere e proprie frecce segnaletiche per indicare le prime.
Non a caso il nostro Spock ha il cuore al posto del fegato.

I personaggi devono essere Credibili.

Dopo Realtà e Verosomiglianza, passiamo al terzo attributo del personaggio ideale, la Credibilità.
Gli scrittori sono gli artisti della menzogna.
Usiamo una bugia, una storia inventata, per raccontare e spiegare la realtà.
Per far questo, come per ogni buona bugia, è fondamentale che sia credibile.

L’arte è una menzogna che ci consente di riconoscere la verità

pablo picasso

Un personaggio può essere umano, può essere empatico, può muoversi secondo le regole che abbiamo imposto, ma c’è una condizione assoluta e indefettibile che è necessaria perché sia credibile: il Difetto.
Soffermatevi sul costruire i difetti dei vostri personaggi, coccolateli, sottolineateli e imparate come nasconderli o al contrario enfatizzarli agli occhi del lettore.

Più fino sarà il lavoro che dedicherete ai difetti, e più il vostro personaggio sarà credibile.
Anche Superman ha la Kryptonite.

Fatevi ispirare dalla realtà

Photo by Ethan Sees

Per seguire i consigli sopra, è di vitale importanza tenere allenato uno degli alleati più potenti dello scrittore, ovvero l’Osservazione.

Un bravo scrittore non smette di lavorare lontano da foglio e penna, ma semplicemente continua a farlo con mezzi diversi, in questo caso imparando dal mondo che lo circonda come muovere quello della sua Storia.

Imparare a farsi le domande giuste in ogni momento della giornata: come potrei descrivere la voce del barista? Che parole uso per ordinare la pizza? Che sogno nel cassetto ha la signora seduta su quella panchina?

Date al vostro personaggio una personalità

Quinto passo spesso sottovalutato, ma fondamentale.
Cosa è la personalità?
È lo scheletro portante che definisce il carattere del personaggio, e può essere riassunto in due macrofulcri:

  • Luce
  • Oscurità

Questa binomia crea il conflitto interiore del personaggio e sarà il suo motore portante, carburante e fuoco delle sue azioni.

Se si crea un lato di ombra e un lato di luce nel nostro personaggio, se ci soffermiamo a definirli e a sentirli nostri, questi si muoverà letteralmente da solo, non diversamente dal motore a gatto imburrato di Frazee.

Usate il suo aspetto fisico

Esistono numerosi modi di trasmettere al lettore l’aspetto fisico dei personaggi, ma a me piace raggrupparli in due grandi insiemi.
Un modo Esplicito e uno Implicito.

Esplicito

In questo caso la narrazione stessa a descrivere il personaggio.
La voce narrante guarda il personaggio e ci trasmette ciò che vede: capelli, occhi, naso, bocca, spalle, mani, altezza, peso, abiti… le caratteristiche sono infinite.

Il punto di forza di questa modalità è che si possono sottolineare un’infinità di particolari funzionali alla trama o alla storia.

Improvvisandoci dei perfetti Sherlock Holmes, possiamo dire che una ragazza ha le unghie delle mani mangiucchiate per instillare nel lettore il suo essere ansiosa, oppure sottolineare i capelli scompigliati di un ragazzo per suggerire che sia disordinato, oppure ancora una macchia su un vestito abusato per portare il lettore a capire che ha davanti una mamma single.

Non deve essere un elenco.

Lungi dal soffermarsi su un frugale “occhi di colore…, capelli di colore…”, lo scrittore che vuole dare davvero forma ad un personaggio, deve usare questo momento descrittivo per passare al lettore l’impressione visiva del personaggio.

Se ho davanti un teppista rissoso ad esempio, per descrivere i suoi occhi non mi soffermerò tanto sul loro colore, ma piuttosto su una cicatrice del sopracciglio, o dello zigomo, dirò che il suo naso aveva già avuto qualche incontro ravvicinato, e che le sue labbra non avevano timore di essere spaccate.

Non deve essere necessariamente un giudizio imparziale: lasciate che i vostri occhi siano macchiati di biasimo se volete contagiare il vostro lettore, sia che sia il vostro obiettivo portarlo a repellere il personaggio, sia che al contrario vogliate dimostrare che quel giudizio è sbagliato e in realtà il nostro teppista è una pasta di pane.

Giocate con stereotipi e pregiudizi, sono un punto di forza, perché portano alla creazione dell’aspettativa del lettore.

Implicito

In questo secondo metodo, quello Implicito, la narrazione non descrive mai il personaggio, ma lo fa intuire al lettore con indizi e messaggi indiretti.

Il punto di forza principale di questo metodo descrittivo è che si può giostrare completamente il giudizio del lettore, che vede e capisce solo ciò che vogliamo che veda e capisca.

Tipico genere che utilizza questo metodo è il Noir o l’Investigativo, in cui noi abbiamo avuto l’assassino o la spia sotto al naso per tutto il tempo, ma non lo capiamo fino al momento dell’agnizione.

Se vogliamo far capire che il nostro personaggio è molto alto ad esempio, diremo che prende una scatola dall’ultimo scaffale.
Se è una donna sottolineeremo che la sua voce è sottile.
Se ha gli occhi chiari diremo che è sensibile alla luce.
Invece di descrivere la caratteristica in sé, descriveremo gli effetti di quella caratteristica.

In questo caso i paradigmi di giudizio sono invertiti, poiché il personaggio si scopre di pari passo con la trama, il lettore non può farsi un pre-giudizio dello stesso, ed è costretto a giudicarlo prima in base alle sue azioni e poi in base al suo aspetto.

È uno dei pochissimi esempi d’esperienza umana in cui questo avviene.

Decidete cosa volete che il vostro personaggio trasmetta al lettore

Nella descrizione di un personaggio, soprattutto uno principale, è importante come abbiamo detto che tra questi e il lettore si crei un legame.

Ci deve essere comunicazione alla base, e perché questo sia dobbiamo capire bene cosa vogliamo che il nostro lettore sappia e comprenda.
Che si faccia le giuste domande, che si schieri con questo o quello, che empatizzi, che odi un personaggio, che lo ami, che lo desideri persino.

Dobbiamo tener ben conto di questi fattori in fase di creazione, sia che la nostra narrazione sia di descrizione implicita che esplicita, perché è ciò che vogliamo far capire al lettore che punta la lente d’ingrandimento del nostro punto di vista.

Se voglio che il lettore percepisca un personaggio come antagonista, il Cattivo se ridotto ai minimi termini, allora lo faremo scontrare con i precetti del nostro protagonista, il Buono, non solo nelle azioni, ma anche nella descrizione: se il protagonista è ordinato, l’antagonista è caotico. Se il protagonista si veste di bianco, l’antagonista di nero.
Anche qui è importante giocare con stereotipi e Topoi, perché sono i punti cardine dell’aspettativa del lettore,e un bravo scrittore impara a scardinarli o enfatizzarli a seconda dei suoi scopi.

Conoscete il vostro personaggio

Questo è uno dei punti più importanti.
Nessuno deve conoscere il vostro personaggio più di voi, per il tempo della Storia voi incarnate i vostri personaggi, vivono attraverso le vostre parole e parlano con le voci che voi date loro, perciò soffermatevi su di esse!

Uno dei miei metodi preferiti è immaginare di voler conoscere una persona e imbastire una vera e propria intervista, domande che possono aiutare a capire chi sono le nostre creazioni.

Non importa se all’interno della trama non direte mai che il vostro personaggio ama il gelato alla fragola: saperlo vi porterà ad associarlo a qualcosa di reale, ad una persona “vera”.

Perché se anche non mangerà mai il gelato nella vostra storia, potrebbe sorridere nel vedere una maglietta rosa perché ha voglia di farlo.

Questi microdettagli danno spessore alle nostre creazioni, sono questi a dar loro l’anima all’interno dell’immaginazione del lettore.

Scegliete cosa il lettore deve sapere di loro

In fase di stesura, anche della prima bozza embrionale, considerate sempre cosa volete far sapere del vostro personaggio.

Ha un passato misterioso? Allora fate in modo che lo sia anche il suo fare, che cerchi di nasconderlo, o che se ne vergogni.

Le sue caratteristiche devono essere frutto delle sue esperienze, e qui il lavoro di ricerca è fondamentale: cercate quali sono le ricadute dei lavori o delle passioni che avete scelto per lui/lei, quali sono i difetti fisici che possono comportare.

Chi lavora in ufficio potrebbe avere la schiena ingobbita.
Un ballerino un portamento impeccabile ma piedi pessimi.

Ma non è solo la fisicità, non dimenticate.

Se il nostro personaggio è ansioso, probabilmente ha avuto traumi nel suo passato, oppure tratti della sua personalità che lo portano a subire la propria ansia.

Ogni tratto caratteriale ha uno scopo o una deviazione oltre all’indole, definire la psicologia dei personaggi in base anche al loro passato è necessario a voi per conoscerli meglio, e saper dosare flashback e narrazione porterà il lettore a fare lo stesso.

Date loro una Voce

Quante volte abbiamo letto dialoghi che percepiamo come assurdi o completamente falsi?
L’abusatissimo “fratellino/sorellina” che leggiamo in molti libri anche famosi, quante volte lo usiamo nella realtà?
Posso assicurarvi che non ho mai chiamato così i miei fratelli!

I dialoghi sono importantissimi per definire il personaggio, e anche qui dobbiamo rispettare i termini imprescinibili di Realtà, Verosomiglianza e Credibilità.

Ricercate se esiste un gergo tecnico per il lavoro/passione del vostro personaggio, se ha un accento, oppure se preferisce certe parole rispetto ad altre.

Date carattere al suo parlato e al suo modo di dialogare, perché una buona Storia è fatta anche di buoni dialoghi.

Non a caso la frase “Elementare, Watson!” è indelebile nella nostra memoria!

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